Ma, c'è un altro modo, più intrinseco direi, d'interpretare il senso di “libri diversi”. Ad esempio, i libri stampati e gli e-book. Si tratta di libri diversi nella sostanza: i primi sono fatti di carta e gli altri di pixel, due mondi totalmente diversi. Non solo, ma anche totalmente antitetici, se si pensi alla guerra degli ultimi anni messa in campo dalle multinazionali dell'editoria al cartaceo a favore del digitale. Questo concorso ama ancora, nonostante il "diversi", mantenere saldo il principio che il vero libro è uno solo, ed è quello fatto di carta. Si tratta, ovviamente, di un gusto, di una inconscia preferenza; niente di razionale, di motivato, di giustificato. Magari ci fosse un appiglio razionale! Magari qualcuno o qualcosa dimostrasse che il cartaceo è, non dico il solo, ma certamente il meglio del libro!
Noi editori del cartaceo siamo assaltati pure nel sonno da questi segreti desideri. E dire che, comunque, non disdegniamo nemmeno il digitale: lo facciamo pure, ci lavoriamo anche sodo; ma il nostro cuore pende sempre, inspiegabilmente, per il vecchio libro di carta. A volte, ci consoliamo, dicendo che siamo nati in era gutenberghiana, e che quindi il nostro cervello è condizionato, nonostante qualcuno ne abbia segnata la fine già da tempo, dalla cultura della stampa a caratteri mobili, col suo odore di carta e inchiostro. Per cui, sapendo che comunque tutto questo è solo una piccola consolazione, perché il mondo sta marciando a tappe forzate verso la modernità e quindi verso il digitale, dobbiamo a un certo punto mettere da parte le nostre “inutili” percezioni (del tatto, dell'odore, ecc.) e affidarci all'ineluttabile destino. Quindi, alla fine pensiamo di essere gli ultimi pionieri di un mondo che sta per scomparire, e pure definitivamente.
La cosa curiosa e pure ilare di tutta questa vicenda è che, nonostante tutto ciò, insistiamo, magari convinti che la consapevolezza di essere dei pionieri in fase d'estinzione ci renda anche e persino degli eroi, i veri eroi del Vecchio Mondo. E anche questa sorta di difesa d'ufficio dei nostri sentimenti ci rende poco razionali, e ciò mi fa venire in mente il bel libro di Jonathan Haidt, “Menti tribali” (Le Scienze, 2013), in cui l'autore sostiene che la nostra natura duale, emozioni e ragione, in realtà non è affatto duale, perché sono sempre le prime a vincere sulla seconda. Tant'è, che l'autore paragona le emozioni all'elefante e la ragione al portatore. Ma con una soprendente precisazione: il portatore non “guida” l'elefante, e non è nemmeno il giudice inflessibile delle azioni dell'elefante, ma ne è semmai l'avvocato difensore, perché sostiene a posteriori tutte le sue decisioni. Non siamo dunque esseri razionali ma intuitivi.
Per cui, in definitiva, qualunque cosa possano dirci – a noi editori gutenberghiani –, insistiamo imperterriti, incuranti persino della minaccia di una crisi del libro cartaceo che ci sopraffarrà. E invece, mentre sfogliavo distrattamente le Scienze di gennaio, sono stato preso improvvisamente di soprassalto dal titolo di un articolo a pagina 67: “Carta contro pixel” di Ferris Jabr. Già il sottotitolo è molto esemplificativo: “Il successo di e-reader e tablet cresce con i progressi della tecnologia, ma leggere su carta offre ancora alcuni indiscutibili vantaggi”. Qui è la parola “indiscutibili” che mi ha fatto sgranare gli occhi. Stiamo parlando, beninteso, di un articolo di scienza e la parola indiscutibile deve farci doppiamente riflettere. Significa che c'è un motivo scientifico alla base del vantaggio del libro cartaceo. Se poi si comincia a leggere l'articolo, ci si imbatte in frasi come queste: “Sembra che il cervello umano percepisca il testo nella sua interezza come una specie di paesaggio fisico. Quando leggiamo, costruiamo una rappresentazione mentale del testo simile alle mappe mentali che creiamo per il territorio che ci circonda e gli ambienti interni”, “Forse la differenza di comprensione tra la lettura di un testo su carta e la lettura su dispositivo digitale si ridurrà con il cambiamento delle abitudini dei consumatori”, “Perché il cervello preferisce la carta – Molti studi dimostrano che le persone capiscono e ricordano meglio quello che leggono su carta rispetto a quello che leggono su uno schermo. I ricercatori pensano che la differenza possa essere data dalla fisicità della carta”, “Insomma, carta e inchiostro offrono ancora vantaggi quando si tratta di concentrarsi su lunghi brani di semplice testo. Ma il semplice testo non è più l'unica cosa che abbiamo da leggere”.
A questo punto, che posso dire? Indubbiamente, noi editori del cartaceo dobbiamo abbandonare, per il nostro bene, la vanagloria di sentirci eroi, perché assolviamo a un ruolo ancora importante, valido e persino ad oggi insostituibile nel mondo del libro, che è quello legato alla fisicità della carta, ma la carta non va vista più come alternativa al digitale, perché essa ha una funzione diversa, né potrà più fermare l'avanzata di quest'ultimo. L'articolo infatti inizia col riportare un video provocatorio su YouTube di una bambina di un anno che “gioca con un iPad, passando le dita sul touch screen e rimescolando le icone. Nelle scene successive, però, la vediamo 'pizzicare' e cercare di far scorrere con uno swipe anche le pagine di una rivista cartacea. Pensa che possano comportarsi come uno schermo”. Il padre ha intitolato infatti il video: “Una rivista è un iPad che non funziona”.
Orazio Parisi VEDI IL VIDEO
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